Fin dal suo primo annuncio, Dynasty Warriors Origins ha saputo mostrarsi con una certa e sorprendente brillantezza, attirando l’attenzione degli appassionati del genere musou (e non solo) presentandosi come un capitolo di rottura e al passo con i tempi moderni.
Insomma, tra brevi trailer e alcune dichiarazioni, si iniziavano a carpire informazioni che facevano ben sperare per la riuscita del progetto sul fronte qualitativo, anche se fino a oggi si trattava solo di sensazioni e speranze figlie di quanto osservato, senza alcun esperienza pad alla mano.
Dopo aver passato, però, numerose ore sui primi capitoli di Dynasty Warriors Origins possiamo iniziare a delineare i contorni di un progetto sorprendente sotto moltissimi aspetti e che può rappresentare realmente un punto di svolta per la saga di Koei Tecmo e Omega Force.
Ma andiamo con ordine.
Ritorno alla Cina dei Tre Regni
Il contesto di riferimento, anche in questo Dynasty Warriors Origins, è quello ben noto e tanto caro ai fan della saga. Parliamo ovviamente della Cina – più precisamente negli ultimi anni della Dinastia Han – con un Paese sull’orlo di una crisi senza precedenti, dove diversi signori della guerra iniziano ad accumulare sempre più potere fino a scontrarsi in un conflitto che ha la scopo di riunificare la nazione sotto un unico e nuovo vessillo.
Giocare i primi capitoli di questa nuova avventura, senza addentrarci troppo nella trama, ci ha permesso di vedere l’evolversi degli eventi bellici più e meno famosi sotto un nuovo e interessante punto di vista, che segna a tutti gli effetti un deciso passo in avanti per le ambizioni degli sviluppatori.
Nello specifico impersoniamo un misterioso guerriero che ha perso la memoria e che si ritrova coinvolto proprio nelle lotte menzionate, a cominciare dalla Rivolta dei Turbanti Gialli e tessendo i primi legami con personaggi di spicco come Cao Cao, Liu Bei e Dong Zhuo, giusto per citarne alcuni.
Finalmente abbiamo una storia decisamente più romanzata e sfaccettata, che lascia da parte quel mero ruolo di contorno alle battaglie che ha sempre contraddistinto la saga.
Fino ad ora possiamo assicurarvi che siamo rimasti sorprendentemente colpiti da questo cambio di rotta, tanto deciso quanto necessario per portare una ventata d’aria fresca.
A tratti, questo nuovo inizio in Dynasty Warriors Origins è un po’ troppo lento, ma al momento i misteri che avvolgono la storia del protagonista – in parallelo all’evolversi degli eventi che raccontano la divisione della Cina tra clan Wei, Wu e Shu – hanno decisamente stuzzicato il nostro appetito. E non era banale, perché nel frattempo quanto abbiamo visto riesce anche, con una certa destrezza, a mantenere quello stile a metà tra la veridicità storica e il fantasy, tra Cronache e Romanzo dei Tre Regni, sempre apprezzato dai fan.
Dieci, cento, mille soldati… e più tattica
Dal punto di vista del mero gameplay Dynasty Warriors Origins si porta dietro altrettanti e sorprendenti cambiamenti, tra combattimenti molto più stratificati e vari di quanto avessimo potuto ipotizzare.
Già in questi primi capitoli testati ci siamo ritrovati in una marea di situazioni inedite e ricche di adrenalina, focalizzate sul coinvolgimento del giocatore tra lotte massive con eserciti e condottieri incredibilmente abili sul campo di battaglia.
Finalmente, anche a difficoltà normale, non si può sottovalutare l’avversario e finire a caricare a testa bassa contro innumerevoli eserciti funziona solo fino a un certo punto.
Rimane – anzi, è ancora più enfatizzata – quella soddisfazione scaturita dal colpire e lanciare centinaia di soldati contemporaneamente attraverso combinazioni di attacchi leggeri e pesanti, ma quando arrivano anche i semplici ufficiali dei plotoni bisogna concentrarsi e studiare le tempistiche per attaccare e difendersi adeguatamente.
Il combat system, infatti, fin da questi primi test di Dynasty Warriors Origins si mostra decisamente variegato. Nello specifico, abbiamo numerose possibilità di effettuare parate, schivate e contrattacchi che possono spezzare la guardia avversaria, permettendoci di colpire con maggiore efficacia, se agiamo con un minimo di tattica.
Persino i semplici soldati più deboli possono provare ad accerchiarci e colpirci sfruttando la superiorità numerica; quindi bisogna sempre far attenzione ai danni subiti e non dare mai per scontato la vittoria anche negli scontri più semplici.
Ovviamente il tutto è anche enfatizzato dalla tipologia di arma utilizzata, tra spade, lance, bastoni e oltre, tutti ben differenziati per range e letalità dell'attacco, invogliando il giocatore a testare ogni aggiunta alla prima occasione possibile.
I combattimenti si sono rivelati molto più stratificati e vari di quanto avessimo ipotizzato.
Parlando di tattica, invece, gli obiettivi delle missioni affrontate sono sembrati molto più variegati rispetto al passato. Siamo stati obbligati a studiare e cambiare i nostri piani in corso d'opera per aiutare un alleato piuttosto che un altro, constatando in parallelo come i commilitoni guidati dall’IA (sia alleati che nemici) riescono a rispondere sorprendentemente bene al cambio di inerzia durante gli scontri.
Tra basi da assaltare e diffondere, ribaltamenti a seguito dell’arrivo dei rinforzi e fughe rocambolesche, non si può che rimanere coinvolti da ciò che succede su schermo fin dalle prime ore di gioco.
Su questo fronte poi, ci teniamo a parlare dei primi scontri campali tra grandi eserciti, dove caricare assieme ai propri alleati su un fronte comune e combattere in mezzo alla frenesia cercando di assottigliare le linee nemiche, con alcuni obiettivi da soddisfare per portare la propria fazione alla vittoria nel minor tempo possibile.
In questi casi abbiamo notato alcuni momenti ancora troppi caotici, ma attendiamo di affrontare le fasi più avanzate di gioco a lavori ultimati, per capire quanto sia gestibile o meno pad alla mano (a tal proposito, consigliamo un controller come questo Xboxdisponibile a questo link di Amazon).
Gradita sorpresa anche la nuova mappa tattica che funge da collante tra attività principali e non, nella quale i movimenti del protagonista ci hanno ricordato le atmosfere vissute su Total War: Three Kingdoms.
Nello specifico, tra le varie ragioni fioccano riproduzioni di città e punti sensibili da visitare a seconda del proprio livello, dove imbattersi in un sacco di attività più o meno secondarie fin dalle prime ore di gioco, fondamentali anche per la crescita e il potenziamento del nostro guerriero.
Un ventaglio di attività – in sostanza – che ben fanno sperare anche per la durata complessiva di Dynasty Warriors Origins.
Tra missioni e schermaglie opzionali che si diffondono a macchia d’olio in ogni area che attraversiamo, vuoi per qualche ribellione o per una richiesta di soccorso di un generale interessato a stringere legami con noi, le ore si accumulano su schermo con una certa piacevole disinvoltura.
Proprio l’aspetto dei legami da stringere durante il corso dell'avventura con una moltitudine di ufficiale sembra essere un'altra variabile molto interessante per l'incisività sul gameplay generale. Bisogna però ammettere che necessita di maggiori approfondimenti, mentre al momento lascia solo la sensazione di poter essere importante per la personalizzazione dell’esperienza.
Sul comparto grafico, invece, preferiamo attendere di testare la versione definitiva del gioco, anche se fin da ora è impossibile non sottolineare l’impegno profuso nel team nel realizzare qualcosa più al passo con i tempi moderni, soprattutto per dettagli dei paesaggi e giochi di luce.
Non tutto è ancora così ben rifinito, sia chiaro, marispetto ai passati capitoli i passi avanti sono già abbastanza evidenti.